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22 luglio 2009 | | |

Cade la maschera

I golpisti dell’Honduras confermano che il regime di fatto è un attacco al modello dell’ALBA

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Da quando c’è stato il colpo di Stato il 28 giugno in Honduras, sia il presidente deposto di questo paese, Manuel Zelaya, sia i mandatari di Ecuador, Bolivia e Venezuela, avevano avvertito che ciò che succede nel territorio honduregno trascende dalle sue frontiere, dato che potrebbe trattarsi del primo tentativo di attaccare i governi che hanno preso strade più progressiste in America Latina.

Lunedì l’agenzia EFE ha diffuso dichiarazioni della vicecancelliera della dittatura honduregna, Marta Alvarado, la quale ha affermato che la crisi politica dell’Honduras era un riflesso della lotta nella regione contro l’Alternativa Bolivariana per le Americhe (ALBA)

“In Honduras si sta giocando un ruolo molto importante nel senso che dipende dall’Honduras se continua la valanga dei paesi dell’ALBA, e sempre dall’Honduras dipende che i popoli sottomessi dalle pressioni dei paesi dell’ALBA si sveglino”, ha affermato Alvarado.

Nel frattempo il presidente Zelaya annunciava il suo ritorno in Honduras, che è previsto per questa settimana, e reclamava ancora una volta alla comunità internazionale – in particolare agli Stati Uniti – che indurisca le sue misure di condanna verso il golpe.

Questo martedì il quotidiano honduregno La Tribuna ha pubblicato un articolo nel quale si afferma che l’ambasciatore statunitense in Honduras, Hugo Llorens, aveva fatto conoscere ai settori golpisti la proposta di mediazione che ha presentato il presidente costaricense Óscar Arias il giorno prima che venisse resa pubblica a San José.

“L’ambasciatore Llorens ha argomentato a favore della stessa. Ha detto che era la cosa migliore per ristabilire il credito internazionale dell’Honduras dato che tutta l’opinione pubblica internazionale era contraria al golpe. Ha ratificato che c’è stato un colpo di Stato e che se non si accetta la proposta, l’Honduras verrebbe sottoposta a sanzioni economiche; e che inoltre verrebbero puniti i suoi politici con ciò che più temono: la sospensione, parziale o definitiva, del visto degli Stati Uniti. La maggior parte dei presenti ha reazionato sorprendendosi”, ha segnalato l’articolo de La Tribuna, firmato dal colonnista Juan Ramón Martínez.

Tuttavia la proposta di mediazione non ha prosperato perchè, nonostante sia stata accettata nella sua totalità dalla delegazione di Zelaya, è stata rifiutata dai rappresentanti del regime di fatto, dato che negano la possibilità del ritorno di Zelaya come presidente.

In seguito a ciò il presidente Zelaya ha deciso di dare per concluso il dialogo con il governo golpista e ha annunciato che si metterà al fronte delle mobilitazioni pacifiche in Honduras.

Nonostante la comunità internazionale insista nel continuare il dialogo, le autorità delle organizzazioni sovrannazionali hanno già dichiarato che è molto difficile chiamare alla calma mentre il governo golpista si mantiene intransigente nella sua posizione e si rifuita ad abbandonare il potere.

“È quasi impossibile evitare la violenza o chiamare alla calma mentre la dittatura pretende rimanere al potere”, ha dichiarato lunedì il segretario generale della Organizzazione degli Stati Americani (OSA), José Miguel Insulza alla Radio Cooperativa cilena.

Traduttrice: Giorgia Scurato

Imagen: http://www.flickr.com/photos/yamilgonzales

(CC) 2009 Radio Monde Réel

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